Slider

Prof. Gaspare Elios Russo

Conoscere e prevenire le malattie renali oggi: un dovere ed una possibilità concreta!

La Malattia Renale Cronica (MRC) risulta essere un problema di grande rilevanza della sanità pubblica. Nella popolazione adulta circa 1 individuo ogni 10 risulta essere affetto da insufficienza renale moderata, cioè con una funzione renale (espressa come Filtrato Glomerulare) dimezzata o più che dimezzata rispetto alla norma (VFG 90-110 ml/min.). In Italia il problema è virtualmente sconosciuto dalla popolazione generale per la scarsezza o assenza di sintomatologia in corso di nefropatie croniche e, spesso, largamente sottovalutato dai medici di medicina generale ed ignorato dagli organi di governo della sanità pubblica regionali e/o nazionali. Negli Stati Uniti il CDC (Center for Disease Control and Prevention) il 2 marzo 2007 ha pubblicato un documento nel quale evidenziava che negli USA nel periodo 1999-2004 il 17% degli adulti presentava un MRC (cioè un Filtrato glomerulare inferiore a 60 ml/min/1,73 m2 e/o evidenza di danno renale). Nell’insieme da questo documento emerge che il 9,6% della popolazione adulta Nord-Americana è affetta da insufficienza renale cronica (IRC) ed il 6% ha una funzione renale inferiore al 50% del valore normale. In Europa. i dati della città olandese di Groningen indicano una prevalenza di malattie renali del 12%, con un 6% dei pazienti con funzione renale inferiore al 50% della norma. Dati analoghi sono stati riportati in uno screening di popolazione del Nord della Spagna, dell’Irlanda e dell’Inghilterra. Il rapporto ISTAT del 02/03/ 2007 (Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizi sanitari non cita in alcun passaggio questo rilevante problema sanitario.

Nel rapporto Censis del 2009 sono riportati i dati epidemilogici al 2005 relativi ai soggetti in dialisi e trapiantati. Abbiamo 41.478 pz.in dialisi (SIN-RIDT ) e 17.226 pz. trapiantati. Dal 1999 al 2004 per quanto concerne i pazienti prevalenti in Italia si è avuto aumento consistente del numero dei dializzati per milione di abitanti (da 628 PMP a 760 PMP). Per i pazienti incidenti si va da 131 per milione di abitanti a 159 con un progressivo invecchiamento della popolazione, anche se si evidenzia una migliore sopravvivenza di pazienti con comorbidità (soprattutto malattie cardiovascolari).

I fattori di rischio per la comparsa/progressione della MRC sono in gran parte comuni a quelli per le malattie cardiovascolari; i pazienti con diabete, ipertensione, malattie cardiache, obesità, età elevata, fumatori e basso livello d’istruzione hanno maggior probabilità d’essere affetti da MRC. Gran parte delle malattie renali si comportano come dei “killer silenziosi” ed operano indisturbate, senza sintomi per anni e, quando i loro effetti si rivelano, può essere tardi per correre ai ripari. L’attenzione nei loro confronti è dettata dall’esigenza di prevenire l’insufficienza renale cronica e di ridurre il rischio cardiovascolare, che aumenta sensibilmente già in presenza di un’insufficienza renale lieve. La connessione tra cuore e reni è molto complessa e nello stesso tempo integrata. Il coinvolgimento di questi due importanti organi ha fatto coniare il termine di “Sindrome Cardiorenale”. Nell’antica medicina cinese era già noto che ci fosse una stretta relazione tra cuore e rene: il cuore era l’organo Yang, deputato al governo del fuoco, mentre il rene era l’organo Yin, deputato al governo dell’acqua, ed entrambi si influenzavano vicendevolmente.

fig.1

La sindrome cardio-renale è pertanto quella condizione patologica nella quale una disfunzione acuta o cronica a livello cardiaco o renale provoca rispettivamente un insulto acuto o cronico a carico dell’altro organo. Questo termine, coniato recentemente nel 2010, è stato scelto appositamente per sottolineare la bi-direzionalità del processo patologico.

Esiste una complessa e reciproca interazione tra i due sistemi, cardiaco e renale, tesa a mantenere un’adeguatezza del circolo necessaria a un buon funzionamento di tutto il corpo.

Il sistema cardio-renale è implicato nella risposta e nel mantenimento dell’omeostasi circolatoria: il cuore, attraverso la regolazione della gittata cardiaca, del tono vascolare, dell’ossigenazione e delle perfusione tissutale periferica; il rene attraverso la regolazione di diuresi e natriuresi e del mantenimento dell’omeostasi intravascolare. Il tutto intercalato all’interno di un complesso sistema di signalling tra i due organi e tra essi e il resto del corpo, fatto di aggiustamenti in risposta a segnali, ormonali o meno, che hanno come scopo principe il mantenimento dell’omeostasi circolatoria.

Se da una parte è vero che il sistema tende a mantenere l’adeguatezza del circolo, dall’altra è intuitivo che condizioni patologiche che interessino uno dei due organi in modo acuto o cronico, inevitabilmente vanno a ripercuotersi negativamente sull’altro provocandone, qualora non si intervenga prontamente, una disfunzione secondaria rispettivamente acuta o cronica.

L’attuale classificazione riconosce cinque sottotipi, in base all’organo primariamente coinvolto ed alla natura acuta o cronica del processo. Abbiamo quindi i tipi 1 e 2 nei quali l’organo primariamente interessato, in modo acuto o cronico, è il cuore con secondario interessamento a carico del rene: “Sindromi Cardiorenali acuta” e “Sindrome Cardiorenale cronica”. I tipi 3 e 4 invece vengono definiti “Sindrome Renocardiaca” sempre acuta o cronica, sottolineando quindi il primario interessamento del rene con conseguente ripercussione cardiaca. Il tipo 5 invece è definito “Sindrome Cardiorenale Sistemica”, causata da patologie sistemiche che colpiscono simultaneamente entrambe gli organi provocandone diversi gradi di compromissione. Le patologie più frequentemente implicate sono il Lupus Eritematoso Sistemico, il Diabete, la sepsi, l’amiloidosi, le ustioni e i traumi multipli. Nell’eziopatogenesi di questa complessa e articolata sindrome vediamo come sia proprio il sinergismo ed il reciproco influenzarsi dei due sistemi a spiegarne le basi fisiopatologiche. Nelle sindromi cardiorenale due sono gli aspetti fondamentali da tenere in considerazione: la sequenza con cui gli organi vengono coinvolti, e la bi-direzionalità dei segnali che conduce all’instaurarsi di un circolo vizioso. Un altro aspetto importante è il contesto temporale in cui si verifica lo squilibrio (acuto o cronico). In tutti i casi, ci sono momenti in cui la prevenzione è possibile, altri in cui la mitigazione dell’insulto è potenzialmente possibile, altri momenti ancora in cui debbono essere attuate delle strategie terapeutiche.

Per quanto concerne le MRC, le due principali cause della nefropatia cronica sono il diabete e l’ipertensione. Si è affetti da diabete quando si hanno concentrazioni troppo elevate di glucosio nel sangue che tendono a danneggiare vari organi quali cuore, cervello, occhi e reni (nefropatia diabetica). Un controllo costante ed adeguato della glicemia rappresenta la miglior forma di prevenzione di danno renale nel paziente diabetico. L’ipertensione se non viene adeguatamente tenuta sotto controllo, può provocare infarto, ictus e nefropatia cronica. La nefropatia cronica può essere a sua volta causa d’ipertensione. (fig 2)

 

fig.2
Immagine
Altre condizioni possono essere causa di nefropatia cronica, come le glomerulonefriti (patologie che provocano infiammazione e lesioni delle unità filtranti dei reni (i glomeruli), le malattie ereditarie come il rene policistico che provoca la formazione di grandi cisti nel contesto del parenchima renale; malattie sistemiche autoimmuni come il LES o l’amiloidosi, neoplasie, patologie che provano un aumento di pressione nel sistema urinario come la calcolosi renale, l’ipetrofia prostatica, malformazioni congenite, come una restrizione degli ureteri o un anomalo sbocco degli stessi nella vescica, che provocano reflusso vescico-ureterale ed idroureteronefrosi, (stasi dell’urina), ristagno di urina in vescica che predispone e favorisce frequenti episodi di infezioni urinarie che possono evolvere in pieliti o pielonefriti croniche.

La salute dell’organismo, dunque ,dipende in larga parte da un perfetto equilibrio delle funzioni renali così da considerare “il RENE” come un grande, invisibile direttore d’orchestra.

I reni eliminano scorie e liquidi in eccesso, equilibrano i liquidi intracorporei ed alcuni elementi chimici. Rimuovono farmaci e tossine in circolo e rilasciano importanti ormoni per la regolazione della pressione arteriosa (renina), per la produzione di globuli rossi (eritropietina) e la mineralizzazione delle ossa (vit D). In corso di nefropatia cronica i reni perdono gradualmente le loro funzionalità. Per i soggetti più a rischio di contrarre una nefropatia, soggetti che presentano uno o più dei fattori di rischio sopraelencati, è consigliabile consultare il proprio medico per un controllo ed o eventuali indicazioni precauzionali.

Dopo la prevenzione infatti, un intervento tempestivo ed adeguato è la miglior arma di difesa contro la MRC; purtroppo invece molti pazienti giungono all’osservazione dello specialista nefrologo quando oramai il grado di danno renale è già in fase molto avanzata, vicino al tanto temuto “punto di non ritorno”, superato il quale il passo verso la dialisi è breve.

Che cosa fare per scoprire in tempo le lesioni renali? Innanzitutto stare attenti ai segni che ne possono indicare la comparsa: emissione di urine di colore scuro, “coca cola” o rosso sangue, o con cattivo odore; anche la formazione di molta schiuma può avere un significato di anormalità (proteinuria); così l’aumento notevole del volume urinario, specialmente nelle ore notturne, e la presenza persistente di sete. Ancora edemi al volto o diffusi, aumento dei valori della pressione arteriosa oltre i limiti massimi di normalità (130/70), dolori in sede lombare (sino a vere e proprie coliche), senso di peso in sede renale non riferibile a lombosciatalgia; anemia, stanchezza, malessere importante senza apparente motivo; bruciore ad urinare, febbre (specie se con brividi), necessità di minzioni frequenti.

Spesso è sufficiente eseguire alcuni semplici esami: misurazione della pressione arteriosa, esami del sangue, includendo l’assetto lipidico come indicatore di eventuale rischio aterosclerotico, l’analisi delle urine, un esame relativamente semplice e poco costoso che può dirci molto. La creatininemia permette di valutare il tasso di filtrazione glomerulare (GFR), indicatore della funzionalità renale. Il GFR permette al medico di definire lo stadio di evoluzione della nefropatia e dovrebbe essere calcolato in base al valore della creatininemia, all’età, razza, sesso e ad altri fattori. Tab1.

Immagine
La funzione renale, nel suo complesso, viene determinata attraverso il calcolo del filtrato glomerulare (VFG) attraverso diverse formule che esprimono la capacità del rene di purificare il sangue da scorie e tossine. Questo valore che normalmente è di circa 90/110 ml/min varia in modo fisiologico durante il corso della vita tendendo a diminuire con l’avanzare dell’età. In base proprio al valore di filtrato glomerulare possiamo dividere in 5 stadi la malattia renale. Il 1° e 2° stadio è caratterizzato da un VFG sostanzialmente nella norma ma è presente ipertensione o segni urinari di nefropatia ( proteinuria, ematuria). Nel 3°, 4° e 5° stadio il filtrato si riduce drasticamente fino alla necessità di ricorrere alla dialisi e/ al trapianto.

L’esame delle urine sta al rene come l’elettrocardiogramma sta al cuore, ma spesso tale esame non viene richiesto o se richiesto non viene adeguatamente eseguito, letto ed interpretato. Attraverso l’esame delle urine si possono raccogliere una serie di preziose indicazioni e/o informazioni su vari aspetti clinici del paziente ( Diabete mellito, infezioni urinarie, stato di idratazione, nefropatia incipiente, danno acuto o cronico renale, calcolosi renale). L’esame va effettuato sulla prima minzione del mattino, le cui urine risultano più concentrate. Nella valutazione dell’esame si distingue una indagine fisica, una chimica e una microscopica. Nell’esame chimico viene valutato l’aspetto delle urine che, normalmente, deve essere limpido, il colore abitualmente giallastro e le cui variazioni possono essere dovute a vari fattori tra i quali la quantità di acqua ingerita o la presenza di ematuria. Vi è poi l’odore che è definito “sui generis” legato alla presenza di ammoniaca. Di fondamentale importanza è il peso specifico, che varia da 1002 a 1030 è risulta indice di una buona efficienza dei reni nel diluire e a concentrare i liquidi introdotti. L’indagine chimica valuta altresì il pH delle urine, usualmente acido al mattino con valori compresi tra 4,5-6.

Una alcalinità persistente( sopra 6) può essere indice di infezione delle vie urinarie. Lo studio del pH è importante ancora nella valutazione della calcolosi renale; un pH acido favorisce la precipitazione di cistina e acido urico, un ph superiore a 7 favorisce la cristallizazione del fosfato di calcio dell’urato di sodio e della struvite. La proteinuria deve essere assente in condizioni normali, i limiti fisiologici sono di circa 150 mg nelle 24 h e l’aumento di essa è uno dei primi segni di patologia renale (glomerulare o tubulare). Infine al microscopio viene osservato il sedimento urinario dopo centrifugazione; nei soggetti sani possono essere presenti un numero limitato di cilindri, emazie e leucociti (2-6 pcm). L’ematuria microscopica (presenza di eritrociti > di 8-10) può avere un origine sia urologica ed in questo caso le emazie risulteranno ben conservate o provenire dai reni e quindi risultare dismorfiche (indice di nefropatia). La presenza di leucociti in numero elevato(15-20 e più) è indice di infezione urinaria che si accompagna, come già detto, alla presenza di un Ph alcalino ( > 6). I cilindri cerei sono da considerare il marker indicativo di grave danno renale in quanto rappresentano la trasformazione finale di ogni cilindro che è rimasto a lungo nel parenchima renale. Possiamo ancora riscontrare nell’esame microscopico la presenza di cristalli in relazione alla formazione di calcoli (di acido urico a fogli di ulivo, ossalato di calcio a busta di lettera, di fosfato a coperchio di bara). Eventuali alterazioni dei parametri valutati possono indirizzare il medico verso un certo iter diagnostico di approfondimento.

Ad esempio una presenza persistente di proteine ( due esami risultati positiva a distanza di molte settimane) è un sintomo precoce di nefropatia, ed in questo caso il medico richiederà un approfondimento per capirne la causa attraverso l’esecuzione di altri esami come l’ecografia, la scintigrafia, la TAC ed in alcuni casi la biopsia renale. Risulta evidente quindi come il paziente stesso giochi un ruolo fondamentale nella prevenzione, diagnosi precoce ed eventuale gestione della MRC, soprattutto in termini di aderenza alla terapia ed alle norme di stile di vita che il medico gli consiglierà, in rapporto al grado di evoluzione del danno ed eventuali coomorbilità, e che sono indubbiamente le migliori armi per un buon esito.

È fondamentale eseguire periodicamente questi semplici esami e controllarne l’andamento per evidenziare quanto prima eventuali anomali che il medico valuterà se meritevoli di attenzione.in molti casi una diagnosi precoce della malattia unita alla giusta cura possono rallentare o interrompere l’aggravarsi della nefropatia cronica, ma se dovesse rendersi necessario un trattamento sostitutivo ci sono comunque più opzioni tra le quali poter scegliere quella che meglio si adatta alle necessità del paziente (peritoneale o emodialisi) ed eventualmente eseguire un trapianto.