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Gli Screening per la Diagnosi Precoce delle Nefropatie

Prof. Gaspare Elios Russo

L’epidemia silenziosa di nefropatie e di insufficienza renale cronica è un problema emergente per la sanità pubblica. Vi sono molte persone con nefropatia e la gran parte di esse non ne è a conoscenza, si tratta infatti di soggetti asintomatici, apparentemente in buona salute, ma con forme iniziali di malattia.

I rischi più significativi in soggetti con nefropatia cronica sono di due tipi, le malattie cardiovascolari (ad es. l’infarto o l’ictus in quanto le malattie renali croniche aumentano il rischio di malattie cardiache e della circolazione) e lo sviluppo di una insufficienza renale così avanzata da poter essere curata solo con la dialisi o con il trapianto di rene. La cura delle persone con malattie renali croniche investe problematiche sanitarie di diagnosi precoce, socio-assistenziali ed economiche.

Per poterli curare, per potere prevenire le complicanze cardiovascolari e l’evoluzione verso la dialisi é necessario individuare i pazienti con malattie renali misconosciute. Questo richiede pochi e non costosi esami di screening, il primo e più importante dei quali è sicuramente l’esame delle urine.

Un esame che non a caso rappresentava in passato una delle più importanti indagini diagnostiche nella valutazione dello stato di salute del paziente. Questo rilievo era basato sulla considerazione che i cambiamenti dei fluidi corporei si riflettessero in cambiamenti di colore, torbidità delle urine e nelle modificazioni del sedimento urinario. L’esame delle urine deve essere tuttora considerato un’ indagine fondamentale nella diagnostica nefrologica ed in medicina generale.

L’esame delle urine sta al rene come l’elettrocardiogramma sta al cuore, ma spesso tale esame non viene richiesto o se richiesto non viene adeguatamente eseguito, letto ed interpretato. Attraverso l’esame delle urine si possono raccogliere una serie di preziose indicazioni e/o informazioni su vari aspetti clinici del paziente (diabete mellito, infezioni urinarie, stato di idratazione, nefropatia incipiente, danno acuto o cronico renale, calcolosi renale). Il medico di medicina generale può, già attraverso questo semplice ed economico esame, selezionare i pazienti per ulteriori più complesse indagini diagnostiche e/o indirizzarli precocemente al nefrologo.

L’esame va effettuato sulla prima minzione del mattino, le cui urine risultano più concentrate. La centrifugazione del campione per il sedimento e l’esame dello stesso deve essere valutato in tempi brevi, “a fresco”, la risposta del laboratorio deve avvenire in giornata. Nella valutazione dell’esame si distingue una indagine fisica, una chimica e una microscopica. Nell’esame chimico viene valutato l’aspetto delle urine che, normalmente, deve essere limpido, il colore abitualmente giallastro e le cui variazioni possono essere dovute a vari fattori tra i quali la quantità di acqua ingerita o la presenza di ematuria. Vi è poi l’odore che è definito “sui generis” legato alla presenza di ammoniaca. Di fondamentale importanza è il peso specifico, che varia da 1002 a 1030 e risulta indice di una buona efficienza dei reni nel diluire e concentrare i liquidi introdotti.

L’indagine chimica valuta altresì il Ph delle urine, usualmente acido al mattino con valori compresi tra 4,5-6. Un’alcalinità persistente (sopra 6) può essere indice di infezione delle vie urinarie. Lo studio del Ph è importante ancora nella valutazione della calcolosi renale; un Ph acido favorisce la precipitazione di cistina e acido urico, un ph superiore a 7 favorisce la cristallizazione del fosfato di calcio dell’urato di sodio e della struvite. La proteinuria deve essere assente in condizioni normali, i limiti fisiologici sono di circa 150 mg nelle 24 h e l’aumento di essa è uno dei primi segni di patologia renale (glomerulare o tubulare). Infine al microscopio viene osservato il sedimento urinario dopo centrifugazione; nei soggetti sani possono essere presenti un numero limitato di cilindri, emazie e leucociti (2-6 pcm).

L’ematuria microscopica (presenza di eritrociti > di 8-10) può avere un’origine urologica, ed in questo caso le emazie risulteranno ben conservate, o provenire dai reni e quindi risultare dismorfiche (indice di nefropatia). La presenza di leucociti in numero elevato(15-20 e più) è indice di infezione urinaria che si accompagna, come già detto, alla presenza di un Ph alcalino (> 6). I cilindri cerei sono da considerare il marker indicativo di grave danno renale in quanto rappresentano la trasformazione finale di ogni cilindro che è rimasto a lungo nel parenchima renale.

Possiamo ancora riscontrare nell’esame microscopico la presenza di cristalli in relazione alla formazione di calcoli (di acido urico a foglie di ulivo, ossalato di calcio a busta di lettera, di fosfato a coperchio di bara).

Come spesso accade in medicina, non mancano eccezioni alla regola malattie renali = alterazioni urinarie. L’eccezione più comune è quella della nefroangiosclerosi e di alcune malattie ereditarie, almeno in fase iniziale, come ad esempio i reni policistici, che possono esser presenti senza che vi siano alterazioni urinarie ben evidenti.
Bisogna inoltre tener presente che, nel corso della loro progressione verso un’insufficienza renale sempre più grave, le malattie renali croniche causano molto spesso un’ipertensione arteriosa.

A sua volta, un danno renale può essere causato da un’ipertensione arteriosa inizialmente non legata a una
nefropatia (la condizione di gran lunga più comune è quella della cosiddetta ipertensione arteriosa essenziale).

La misurazione della pressione arteriosa è quindi un altro passo importante per diagnosticare per tempo una nefropatia e, spesso, per prevenirla. Un semplice esame delle urine e un controllo della pressione arteriosa dunque consentono di sospettare l’esistenza di una malattia renale, anche se purtroppo la normalità dei risultati non basta ad escluderla in modo categorico.

Per questo motivo è necessario identificare le persone a rischio di sviluppare una nefropatia per sottoporle a indagini più approfondite. Rilevare la presenza di una condizione di rischio nello sviluppare una nefropatia, e non raramente se ne ritrovano associate più di una, è comunque molto importante se si vuol prevenire l’insorgenza del danno renale.